domenica 26 luglio 2009

Taxy Brousse

In Madagascar il vazaha (straniero bianco) si può muovere in due modi: o fitta un 4x4 o prende il taxy brousse. In verità, ci sono anche i voli interni e due linee ferroviarie in funzione, ma i primi sono troppo cari e le seconde, quando portano dove vuoi andare, sono una scommessa, per cui si finisce per adattarsi alle circostanze. Le vetture private sono piuttosto scarse, per cui l’autostop non è da prendere in considerazione.

Per spostarsi in taxy brousse è sempre meglio prenotare un po’ in anticipo, ci consigliano le guide di viaggio, così si possono scegliere i posti migliori. Io, che decido sempre all’ultimo momento, non riesco mai a farlo. Questa volta però sono riuscita a procurarmi il numero di telefono di una compagnia di trasporto, Sonatra, per cui li ho chiamati il giorno stesso della partenza e sono riuscita ad assicurarmi il mitico posto n°3!!

Morfologia del taxy brousse: un furgoncino tipo mini-van, con 12 posti a sedere, 3 su ogni fila. In realtà, ci si sta almeno in 15, dato che si vendono anche i posti accanto al guidatore, più o meno ambiti a seconda di quanto si voglia stare comodi (sono un po’ più spaziosi) e che non si temano le curve (la visuale è sconsigliata ai cardiopatici). Sui tragitti regionali, generalmente più brevi, di persone ce ne stanno fino a 20, stretti stretti come sardine pur di non lasciare a piedi nessuno.. I posti sono numerati e i più gettonati sono quelli nella fila immediatamente dietro al conducente: il 3, il 4 e il 5. Il 3 è quello proprio dietro al posto di guida: il più sicuro in caso di incidente, o almeno così dicono, non so se per sollevarmi o per farmi sentire una privilegiata. Il 5 ha l’inconveniente di essere accanto al portellone, pessima posizione a causa degli spifferi. Nel 4 non hai niente a cui appoggiarti, a parte il vicino, se ti senti in vena di confidenza e una cauta promiscuità.

Per richiedere una pausa tecnica si usa dire: “Olombelona tsy akoho” (gli uomini non sono polli): è così che i malgasci comunicano che devono far pipì. In quelle circostanze si scopre un uso inedito del pareo, lamba in malgascio, che le donne, anche quelle giovani, che vestono all’occidentale, portano sempre legato in vita. Appena l’auto sosta, quasi sempre in mezzo al niente, il lamba si trasforma in un pratico paravento per coprirsi da sguardi indiscreti mentre ci si accovaccia per liberarsi.

Quando si viaggia in taxy brousse è sempre bene fare scorta di viveri e bibite, in caso la vettura rimanesse in panne (cosa che accade la metà delle volte) in mezzo al suddetto niente. Per me, il viaggio ha l’odore inconfondibile della Bonbon Anglais, una bibita gasata spacciata per limonata, 100% malgascia, prodotta però con la benedizione dell’onnipresente Coca Cola company, che anche qui monopolizza il mercato delle bibite in bottiglia. Dolce come una giuggiola sciolta, la Bonbon Anglais funziona meglio di un deodorante per auto. Basta stapparla e tutti sapranno immediatamente che la stai bevendo. Sconsigliata se si viaggia in incognito. I malgasci la adorano, soprattutto mescolata a un po’ di toaka, il terribile rum locale.

I bagagli vengono caricati in cima alla furgonetta, meticolosamente ricoperti da un grosso telo di plastica e assicurati da vari giri di corda. C’è di tutto: scatole, ceste di pollame, gamberetti, gusci di tartarughe, mobilio, una volta mi è capitato persino il motore di un auto. Riuscite a sentire gli ondeggiamenti del furgone stracarico ad ogni curva? E l’odore di bruciato dei freni? Ah, benedetti autisti!!

9 luglio: Finalmente posso lasciare Antananarivo. Mi aspettano almeno 9 ore di viaggio per percorrere i circa 400 e rotti kilometri che mi separano da Fianarantsoa. Non so se per coraggio o per codardia, ma decido di viaggiare di notte.
L’appuntamento per la partenza è alle 17. In realtà so già che il mezzo non parte finchè non è pieno, per cui arrivo alla stazione armata di pazienza. Ecco, un viaggio in taxy brousse è un buon modo per imparare il valore del tempo all’africana, come diceva anche Kapucinsky. Ti insegnano ad aspettare senza innervosirti, ti fanno perdere l’abitudine di fare domande insolenti e che ti identificherebbero subito per quello che sei, un bianco figlio di una società in cui il tempo è denaro. Un minuto, un’ora, domande come: “Quando parte?” per i malgasci non sembrano importare. Si accomodano in vettura e aspettano senza batter ciglio. Innervosirsi non è roba da malgasci.
Alle 18:30 comincia il rituale di impacchettamento dei bagagli sul tetto, segno inequivocabile che la partenza si fa imminente. Però… Il y a un problème!! Un passeggero, che ha pure pagato il biglietto anticipato, ha deciso di prendersela comoda. Mentre aspettiamo mi rendo conto che nemmeno quella famosa frase: “Sbrigati, che l’autobus mica aspetta!”, tanto usata dalle mamme per schiodarti dal letto nei giorni di scuola, qui è poi tanto vera. Il signor passeggero arriva dopo un’ora buona. Alefaaaaa, si parte!!
Sono un po’ inquieta per il viaggio. Per distrarmi mi metto a chiacchierare con un altro passeggero, uno studente di diritto. Si sente di rassicurarmi. Lui, di incidenti in taxy-brousse ne ha già fatti un paio. Da allora, prende sempre il posto accanto al guidatore, così tiene un occhio sulla strada. Però – mi dice - ultimamente c’è da stare tranquilli: con l’aumento della benzina (che costa uguale che in Europa, un euro al litro, che qui è un’enormità) si riduce la velocità, per cui il conducente ci penserà due volte prima di spingere a tavoletta. Vorrei credergli, ma la sua profezia è vera solo a metà: quando il conducente si stanca di ascoltare e riascoltare a tutto volume il suo unico CD, si fa una canna e comincia a pigiare sull’acceleratore. Alle cinque e mezza del mattino, praticamente in piena notte, arriviamo a Fianarantsoa.
Che non fosse questo l’inconveniente dei taxy brousse? Partono sempre tardi e, quando arrivano, è ancora troppo presto!

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