domenica 26 luglio 2009

Erica

A Fianarantsoa (Fianar per gli amici), faccio un paio di giorni di pausa prima di raggiungere la provincia di Ambalavao. Lontana dai corridoi polverosi del Ministero, dai formulari da riempire e dalle domande senza risposta, approfitto di un momento di serenità per recuperare il senso di questo viaggio. Sono ospite di Gabriele, un ragazzo palermitano che vive qui da un paio d’anni. Lui è via, per cui mi trovo sola con Erica, la sua compagna malgascia. Detto tra parentesi, Erika in malgascio è anche il nome di una pioggerella sottile che cade in inverno sugli altipiani.
Erica ha appena cominciato a studiare l’italiano e parla poco il francese. Nemmeno io ho tanta voglia di parlarlo, per cui siamo un assortimento perfetto. Passiamo ore di una semplicità così piena di piccoli eventi che è difficile da descrivere. Andiamo al mercato a fare la spesa. Prepariamo insieme il ravitoto, un piatto locale a base di foglie di manioca e carne, generalmente maiale, ma che noi decliniamo sul pollo. Erica ci aggiunge un tocco esotico, polpa di cocco grattugiata. Tena tsara! E tra un pasto e un’infusione, un esercizio di grammatica e persino un film di Muccino, ci scambiamo un po’ delle nostre vite, in ore di conversazione che va dalla religione ai matrimoni, in una lingua che non so qual è, però ad ogni parola che pronuncio, ad ogni faticosa comprensione, si accompagna un senso di euforia, come quando togli le rotelle alla bicicletta e ti accorgi che riesci a stare in equilibrio o quando al mare ti accorgi che sai stare a galla.
In Madagascar mi sento tornare bambina: devo riscoprire ogni gesto, trovare i nomi alle cose, imparare com’è che si fa. Non sono solo le parole a mancarmi… mi manca tutto il resto, tutto l’universo di senso dentro il quale i suoni cominciano ad avere un significato. E come un bambino, quando vedo negli occhi di chi mi ascolta quel sorriso di condivisione, quell’assenso che significa: “Si, è così! Ho capito quello che vuoi dire!”, mi si riempie il cuore di una felicità pura e inspiegabile Fatico in questo mare di sillabe per me sconosciute, questi echi di parole che sembrano tutte uguali e cominciano tutte per M. Annaspo, balbetto…poi, all’improvviso, non so come, comincio a stare a galla. Erica mi guarda, ha capito e mi risponde. Mi aggrappo a un verbo, a un aggettivo, per cominciare a decifrare. Galleggio…posso provare ad andare più lontano.
Quando lascio Fianarantosa ho tanto calore nel cuore. Misaotra indrindra, Erica! Mi hai dato ancora più voglia di non smettere di cercare…

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