mercoledì 19 agosto 2009

Casa e bottega

Durante i giorni del Kridy, ho dovuto sloggiare da casa di Monsieur Emma, indaffaratissimo con tutto il parentame, per traslocare da Madame Alice, anche lei albergatrice della FIZAM. L’adattamento in questa nuova sistemazione ha richiesto un certo sforzo. Non solo perché le pulci hanno traslocato insieme a me. Non solo perché, oltre a loro, ho condiviso la stanza con dei sorci affamati che facevano apnee notturne nei sacchi di riso ammassati giusto ai piedi del letto. Ma perché quella da Madame Alice, persona dolcissima alla quale ho finito per affezionarmi, così come ai suoi 5, teneri e sempre presenti figli, non è una casa. Se c’è qualcosa di vero nel detto “casa e puteca” è questo. Madame Alice abita al piano di sopra, nella casa. Io, nella bottega. Il mio letto infatti, è sistemato dentro il suo negozietto, diciamo drogheria, che dà sulla strada principale del paesino. Per cui, dalle prime ore del mattino e per tutto il giorno, c’è una processione di clienti che vengono a bussare, e chi vuole un pezzo di sapone, chi una sigaretta, chi 200 Ariary d’olio. E se all’inizio comprano per necessità, molto presto cominciano a farlo solo per avere una scusa per gettare l’occhio. Perché dentro, protetta da una tendina all’uncinetto semitrasparente, ci sono io. Li sento parlare. Gli adorabili figli di Madame Alice, seduti sulla soglia come sfingi a guardia dell’antro, dicono: “Zitti, zitti, che c’abbiamo la vazaha”. E i clienti, quelli timidi, ti buttano dentro la testa: “Akory abi!”. Quelli più intrepidi entrano proprio tutti dentro e si mettono a sedere, come se niente fosse. Vogliono parlare inglese. Anche se tu stai, metti il caso, dormendo. Addio pennichella, addio letture, addio silenzio, addio privacy. Esibita come un animale raro che passa il suo tempo a fumare e scrivere, comincio quasi a rimpiangere le preghiere apocalittiche dei 3 pastori evangelisti. Cado in uno stato di vessazione psicologica, acuito dal caos da giorni di festa che frastorna la normalmente tranquillissima Ambohimahamasina. Assediata nella mia trappola, quando oso uscirne mi ritrovo gente ovunque: le strade si trasformano in latrine all’aria aperta, si sgozzano polli e si arrostisce caffè, l’odore del rum appesta, il bimbo piange, la musica non si ferma nemmeno un attimo. Insomma, un piccolo incubo. Che per fortuna, adesso, venerdì 7 agosto, è finito. I topi sono rimasti, ma io me ne sono andata. In pace, e con tutte le mie pulci. Madame Alice mi ha detto che le mancherò, che la vita senza di me tornerà ad essere tranquilla. Lo so, sarà tranquilla anche per me, la vita, lontana da casa sua. Peccato, proprio adesso che aveva cominciato a prendermi per la gola, con il godro-godro fatto in casa, un dolce di farina di riso con banane e noccioline! Tornerò, Madame Alice…alla fine, pure al topo c’avevo fatto l’abitudine!

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